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  • MEDUSE: COME COMPORTARSI IN CASO DI CONTATTO CON IL BAMBINO?

    21-07-2017
    infanzia

     

    E se a “pungere” è una medusa?


    Sapere come comportarsi quando si entra in contatto con una medusa per limitare le conseguenze più gravi


    L’estate 2017 si è aperta con una grande proliferazione di meduse nel Mediterraneo. Dai dati raccolti, basati su centinaia di segnalazioni dei bagnanti, è emerso che negli ultimi sette anni, dal 2009 al 2016, gli avvistamenti sono aumentati di oltre 10 volte.


    Attenzione ai bambini più piccoli
    Anche se non tutte le specie sono urticanti, gli avvelenamenti da medusa rappresentano un problema emergente di salute ambientale che interessa soprattutto i bagnanti più sensibili, ovvero i bambini e, tra questi, i più piccoli. Si tratta infatti di uno dei motivi più comuni di richiesta di assistenza medica nel periodo estivo, soprattutto nelle strutture di primo soccorso presenti sulle spiagge ad alto impatto turistico.


    I sintomi principali
    La maggior parte dei sintomi è limitata a reazioni locali e cutanee, ma in circa il 9% dei casi si possono avere delle complicazioni, principalmente legate a reazioni allergiche. Gli effetti locali in seguito al contatto con una medusa includono dolore e prurito intensi, dermatite con rossore cutaneo, presenza di pomfi e vescicole, gonfiore e, più raramente, danni cutanei irreversibili.


    Cosa fare in caso di contatto?

    Il dibattito su come attenuare i sintomi tipici dell’urticazione da medusa non è solo uno dei tormentoni che caratterizzano le conversazioni sotto l’ombrellone, ma una vera e propria discussione nata dalla mancanza di un protocollo di trattamento standard relativo al contatto con meduse tipicamente presenti nei nostri mari.

    Sulla base degli studi e delle evidenze più recenti, si può riassumere il trattamento di prima linea di queste lesioni in pochi semplici punti:

    - Tranquillizzare il bambino e farlo respirare normalmente. Se si è vicini alla riva, farlo uscire dall’acqua. Se ci si trova al largo, sorreggere il bambino e richiamare l’attenzione per farsi aiutare, specie se anche l’accompagnatore è venuto a contatto con la medusa
    - verificare che non vi siano parti di medusa rimaste attaccate alla pelle e, nel caso, eliminarle delicatamente con le mani (o passando sulla cute una tessera di plastica)
    - lavare abbondantemente la zona interessata con acqua di mare per tentare di diluire la sostanza tossica non ancora penetrata (non utilizzare acqua corrente in quanto l’acqua dolce può contribuire a diffondere le neurotossine)
    - applicare gel astringente al cloruro di alluminio, che si trova tranquillamente in farmacia, che ha un’immediata azione antiprurito e blocca la diffusione delle tossine (in alternativa si può usare una crema a base di cortisone, anche se ha un effetto più ritardato)
    - se subito dopo il contatto la reazione cutanea si diffonde e compaiono altri sintomi come difficoltà respiratoria, sudorazione, pallore, mal di testa, nausea, vomito, vertigini, confusione, chiamare immediatamente il 118
    nei giorni successivi, per circa due settimane, utilizzare protezione solare totale nella zona colpita, in quanto essa rimane sensibile alla luce solare e tende a scurirsi rapidamente.

     


    Cosa “non” fare in caso di contatto?

    In seguito a contatto con una medusa non bisogna:

    - Grattare l’area interessata, anche se è la prima reazione istintiva, in quanto si rischia di liberare ulteriore veleno
    - applicare un bendaggio, perché incrementerebbe la quantità di veleno che viene iniettata
    - lavare con soluzioni alcoliche, succo di limone, aceto o urina che sono ritenuti inutili o addirittura dannosi
    - strofinare la zona colpita con sabbia o con una pietra tiepida, perché, nonostante le tossine vengono inattivate dal calore, affinché ciò avvenga, bisogna raggiungere una temperatura di circa 50°C. Meglio, quindi, non rischiare un’ustione.

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