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Cenni storici



Là dove c’era…

 

“Là dove c’era l’erba ora c’è una città la la la la….” (da Il ragazzo della via Gluk)  

 

Il richiamo al celebre motivo musicale non è casuale: il tema della famosa canzonetta vuole ricordarci che nella vita di oggi, come di ieri, tutto si rinnova senza sosta, dalle attività umane (come le arti,le mode, il commercio, le idee, etc.) ai processi anatomici e fisiologici di ogni essere.

Restringendo il campo della nostra osservazione alla vita e alla storia molese, ricordiamo che una volta, nella strada “delle Monache”, (oggi Via Cesare Battisti), a mezza strada tra l’angusta chiesetta “I Monecacédde” e la chiesa di San Domenico, c’era una farmacia, o meglio, una “speciarègghie” nota in tutto il paese semplicemente come ”don Zavérie”. Ma più che farmacia era il punto di riferimento dell’intera cittadinanza. ..


Ricordiamo ai più giovani che a quel tempo non c’era il Servizio Sanitario Nazionale (che fu istituito nel 1978) e quindi il medico di famiglia era alla portata solo dei più ricchi; i poveri si arrangiavano, ricorrendo al loro aiuto solo in casi estremi. E’ doveroso ricordare, comunque, che, almeno a Mola, i medici non si tiravano indietro di fronte ai bisognosi e ritenevano loro dovere intervenire in aiuto degli indigenti senza essere pagati. Anche l’ospedale, malgrado la buona volontà di chi prestava la propria opera, non era dei migliori: nella tradizione dialettale molese non mancano i detti che testimoniano ciò.


Ecco allora la farmacia di don Saverio che era il richiamo di chiunque avesse bisogno di aiuto e nella farmacia era sempre presente lui, il dottor Saverio Ruggieri, non solo per vendere i prodotti da lui stesso confezionati, ma anche per dare consigli, per azzardare diagnosi, per rimproverare certi comportamenti sbagliati. Perciò era facile sentirlo alzare la voce per far entrare nella zucca di chi era carente di istruzione certi concetti che riguardavano soprattutto l’igiene.

Per i bambini poi don Saverio era uno spauracchio: già quando la mamma tornava dalla farmacia col bicchiere ricolmo di una pozione (U ègghie da mènela dòlce= l’olio della mandorla dole), la purga più odiata insieme all’olio di ricino, in casa erano pianti e strilli. Quando poi la mamma tornava senza il classico bicchiere, era ancora peggio: significava che don Saverio aveva sentenziato il solito clisma per il lavaggio dell’intestino, “a pombétte”: andare a nascondersi non serviva a niente.


Bisogna ricordare che nei giochi di imitazione dei bambini, dopo quello della festa nuziale, c’era la rievocazione, o meglio, l’esorcizzazione del rito della “pombétta” le cui vittime designate erano, naturalmente, le cuginette. Il gioco spesso veniva interrotto dall’intervento dei genitori.


Don Saverio aveva pronto il rimedio per tutti i malanni e, quasi sempre, senza ricorrere a farmaci costosi. Per problemi digestivi c’era il suggerimento di andare di buon mattino a fare una bevuta (“na vèppete”) all’Acqua di Cristo, la famosa polla di acqua salmastra in riva al mare, ora distrutta. Per problemi di gola, decotto di fichi secchi e carrube abbrustolite; mal di denti, sciacqui con infuso tiepido di malva; Come si vede, prodotti della terra a costo zero: strofinazioni di olio caldo, succo di arancia, infuso di semi di finocchio e anice, etc.

Durante la seconda guerra mondiale, a Mola si diffuse una epidemia di scabbia: niente di pericoloso, ma la patologia era molto fastidiosa perché i malcapitati erano costretti a grattarsi sulle parti della cute soggette all’infezione, che non erano solo le pieghe interdigitali; secondo la voce popolare, era dovuta all’eccessivo uso, nell’alimentazione, dei legumi, specie delle fave. Comunque don Saverio aveva pronto il rimedio che era preparato da lui stesso: bastava recarsi alla farmacia con una ciotola e lui la riempiva con una pomata a base di zolfo e altri componenti che solo lui conosceva. 


Ma don Saverio non era solo il burbero farmacista quale appariva dietro il banco; al momento opportuno, sapeva trovare le parole giuste per alleggerire la tensione: al rozzo contadino diceva, sempre in dialetto molese: “Con un bacio sulla parte dolente del familiare il malanno subito passerà!” Insomma, un gentiluomo d’altri tempi, che si recava in campagna con la famosa “sciarrétte”, sulla quale ospitava anche gli amici coi quali spesso si recava nei fondi agricoli di sua proprietà o semplicemente per andare a spasso per la campagna molese.  


ORA c’è….


…Un farmacia moderna, fornita di tutti i mezzi per risolvere i tanti problemi sanitari della vita moderna.    



si ringrazia il professor Michele Calabrese.

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