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  • VIVE PIŁ A LUNGO CHI MANGIA PICCANTE

    20-04-2017
    diabete

     

    Uno studio scientifico americano, condotto su 16.000 persone, ha dimostrato che un’alimentazione ricca di cibo piccante (chili/peperoncino) riduce la mortalità del 13%. La scienza dell’alimentazione da decenni sostiene (con evidenze scientifiche certe) che l’equilibrata alimentazione e la regolare attività fisica riducono il rischio di contrarre malattie importanti e donano all’organismo la massima efficienza psico-fisica, proteggendolo dall’invecchiamento precoce. Di ciò sono convinti anche i ricercatori del Larner College of Medicine dell’Università del Vermont la cui ricerca, pubblicata su Plos One, ha però dimostrato che il campione esaminato (maschio bianco, giovane, di origine messicana, sposato, fumatore e consumatore di alcool, di verdure e carne, con basso livello di colesterolo buono HDL) vive più a lungo perché nella sua dieta quotidiana (nonostante uno stile di vita tutt’altro che virtuoso) è sempre presente il chili, il peperoncino rosso tanto amato nel sud Italia e inserito tra gli alimenti della dieta mediterranea. Il calo della mortalità è soprattutto dovuto alla diminuzione delle cause cardiovascolari , che ogni anno uccidono più di 4,3 milioni di persone in Europa e sono causa del 48% di tutti i decessi (54% per le donne, 43% per gli uomini).


    Peperoncino rosso
    I peperoni fanno parte della famiglia delle solanacee che conta un centinaio di generi e oltre 2000 specie, tra le quali i pomodori, le melanzane, i peperoncini, le bacche di goji e anche le patate. Il colore rosso di alcuni di questi ortaggi, come pomodori e peperoni, identifica la presenza di licopene, un potente antiossidante, che unito alla presenza di altre sostanze importanti, come la vitamina C, ha un effetto benefico e protettivo sull’organismo. Il chili o habanero (nome spagnolo del peperoncino) contiene capsaicina, un alcaloide artefice del gusto piccante, che resta sia nel frutto fresco che essicato, sia nella polvere e quindi anche in tutte le preparazioni che lo contengono, come ad esempio il curry .


    In caso di Obesità e Diabete
    La capsaicina stimola i Transient Receptor Potential (TRPV-1), recettori termici presenti nella nostra bocca, facendo percepire una sensazione di calore che in realtà non esiste. Questa sensazione falsata innesca le difese che il nostro corpo usa normalmente per contrastare il calore: sudorazione e vasodilatazione periferica nonché rossore e calore quando l’alcaloide è a contatto con la pelle. Lo studio americano ritiene che la stimolazione dei recettori termici possa essere in grado d’incentivare una serie di meccanismi cellulari quali il catabolismo lipidico e la termogenesi, in sostanza di metabolizzare meglio i grassi. Questa funzione è molto importante in caso di obesità e diabete, al punto che il peperoncino potrebbe entrare a far parte della dieta di questi pazienti. Altri studi scientifici avevano già evidenziato le proprietà antibatteriche della capsaicina, che secondo gli autori americani potrebbero anche contribuire a selezionare il microbiota intestinale che protegge lo stomaco dall’Helicobacter pylori, causa principale di ulcere e gastriti, sfatando così il luogo comune che il peperoncino faccia male allo stomaco.


    Peperoncino e Ipertensione
    È anche probabile che la capsaicina (provocando l’aumento del metabolismo dei grassi) combatta l’ipercolesterolemia e l’ipertensione modulando il flusso del sangue nelle coronarie. Da alcuni anni molti studi clinici hanno dimostrato che alcuni cibi possono aiutare in caso di pressione alta (uno dei fattori che possono scatenare l’infarto cardiaco). Che dire, ogni giorno di più assume un ruolo di verità la frase di Ippocrate: il cibo sia la tua medicina.

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